Una ragazza, pallida per la fame, si avvicinò al fornaio e domandò una fetta di pane. Quando però la ebbe tra le mani, non la accostò alle labbra. Il fornaio la fissò perplesso e, in un istante, comprese il motivo.

La panetteria di Nazim era una piccola istituzione del quartiere: profumo di pane appena sfornato, vetrine piene di dolci lucidi di sciroppo, e una fila di clienti che, a qualsiasi ora, mescolava nonni nostalgici e bambini con gli occhi brillanti. Soprattutto loro, i più piccoli, impazzivano per le sue brioche e per quel pane croccante che sembrava cantare quando lo spezzavi.

Nazim e la sua famiglia erano arrivati anni prima dalla loro terra d’origine, spinti via dalla crisi e dalla mancanza di lavoro. In Russia avevano ricominciato da zero. Una volta, entrando per caso in un locale di cucina orientale, lui rimase incantato da sapori che, pur familiari, risuonavano diversi: intensi, autentici, non identici a quelli che ricordava da bambino. Da quella scintilla nacque l’idea di aprire una panetteria assieme a sua moglie, Fatima—un posto dove riportare, con rispetto e cura, il gusto di casa.

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Col tempo, il forno divenne un’attività prospera e un porto sicuro per la famiglia: Nazim divenne padre, poi nonno. Aveva un debole dichiarato per i bambini e spesso infilava un dolcetto extra nei sacchetti: “Sono loro la nostra ricchezza,” diceva sorridendo.

Una mattina, come sempre, cominciò la giornata dando da mangiare agli animali randagi del vicolo, tra cui un british shorthair trasandato che qualcuno aveva abbandonato. Sentì all’improvviso un colpetto sulla spalla. Si voltò e vide una bambina, non più di dieci anni, magra e timida.
«Posso avere un po’ di pane?» chiese in un soffio.

Nazim le riempì un sacchetto di panini ancora tiepidi e aggiunse, d’impulso, due pesche mature e una mela lucida. La bambina ringraziò con serietà e scappò verso la piazza, stringendo il sacchetto al petto. Un presentimento gli pizzicò lo stomaco: tolse il grembiule, avvisò Fatima che sarebbe tornato presto e la seguì a distanza.

Stava per chiamarla quando un cane di grossa taglia le corse incontro. La bambina non indietreggiò: si inginocchiò, lo abbracciò e gli porse un panino.
«Guarda, Lucky, ho portato il tuo preferito!» esclamò.

Il cane sgranocchiò tutto in un attimo. La piccola trascinò poi vicino a un albero una sedia pieghevole, una scatola di cartone e una palla di gomma: il suo minuscolo “palco”. Era evidente che aveva lasciato lì il cane per andare a cercare cibo.

Pur stanca e pallida, prima sfamava il suo amico. Poi batté le mani.
«Pronto, Lucky? Si comincia!»

Partì uno spettacolo di strada in miniatura: passi di danza, piccoli numeri di abilità, giochi con la palla. La gente rallentava, sorrideva, applaudiva. Le monete tintinnavano nella scatola, qualche banconota si aggiungeva. Nazim rimase rapito dalla tenacia e dall’allegria di quella bambina. Si avvicinò senza farsi notare e lasciò anche lui un contributo generoso, infilando, tra le monete, alcune banconote piegate con discrezione. Lei fece un inchino teatrale, gli occhi lucidi ma fieri, e ripose con cura l’incasso.

A spettacolo finito, Nazim le propose di accompagnarla a casa. La bambina, che disse di chiamarsi Nastya, accettò. Camminando, gli parlò della mamma, del palazzo poco distante, dei suoi buoni voti a scuola e di quanto amasse studiare.

Davanti alla porta, Nastya gridò: «Mamma, sono tornata! Lo zio Nazim oggi ci ha dato una mano!»
Nazim si aspettava di trovarsi di fronte una donna trascurata o forse ubriaca, come spesso raccontano le storie che non finiscono bene. Invece, vide una madre cieca, che si muoveva lungo il muro contando i passi.

Sul tavolo, un barattolo grande pieno di monetine: sopra, con una calligrafia infantile, c’era scritto “Per l’operazione della mamma”.

Prima di congedarsi, Nazim promise che avrebbe vegliato su Nastya. Tornò a casa con il cuore in tumulto e raccontò tutto a Fatima. Lei, commossa, chiese subito come potessero aiutare. La risposta arrivò il giorno dopo.

Nazim organizzò un’esibizione di Nastya e Lucky davanti alla panetteria. Alla raccolta, lui aggiunse anche una parte di tasca propria. Il nipote, Ruslan, riprese tutto con il telefono e pubblicò il video in rete.

In poche ore, la clip divenne virale. La storia di Nastya, del suo cane e del panettiere dal cuore grande fece il giro del Paese. Arrivarono offerte di sponsorizzazione, si mossero associazioni, si moltiplicarono le donazioni. Lo spettacolo di quella mattina si trasformò in un simbolo di speranza concreta.

Nel giro di pochi giorni, i fondi per l’intervento di Tatyana—la mamma di Nastya—furono coperti. Nazim prese contatti con una clinica oculistica svizzera e, poco dopo, madre e figlia partirono.

Quando tornarono, Tatyana scese dall’aereo con la mano stretta a quella della bambina. Guardava, finalmente, il mondo. Lucky saltava attorno a loro, eccitato come non mai.

Fu l’inizio di una vita nuova: nata dalla gentilezza, dalla caparbietà di una bambina, dalla fedeltà di un cane e dalla generosità di un panettiere che aveva deciso, un mattino, di non voltarsi dall’altra parte.

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