Quando Walter rientrò dal lavoro trovò la casa squassata da un pianto acuto. Abby, stremata, sedeva al tavolo con gli occhi rossi; Logan, il loro bimbo, non si era zittito per ore.
— Da quanto va avanti così? — chiese Walter, stringendole le spalle.
— Non ce la faccio più — sussurrò lei —. L’ho nutrito, cambiato, fatto il bagnetto. Gli ho persino misurato la febbre. Niente.
La loro vita, dalla nascita di Logan, era diventata una veglia interminabile. Walter amava suo figlio, ma la fatica gli piegava la schiena.
— Andiamo, vediamo insieme — disse, guidandola verso la cameretta.
Si chinò sulla culla… vuota.
Al posto del bambino, un piccolo registratore riproduceva il pianto di un neonato. Accanto, un foglio piegato.
Walter spense il dispositivo: il silenzio si abbatté sulla stanza. Abby, sulla soglia, sbiancò.
— Che hai fatto? Dov’è Logan?!
Con le mani che tremavano, Walter aprì il biglietto. Abby glielo strappò e lesse a voce rotta:
“Te l’avevo detto: ti saresti pentito di come mi hai trattato. Se vuoi rivedere tuo figlio, lascia 200.000 dollari nel deposito della stazione. Avvisa la polizia e non lo rivedrai mai più.”
— Dio mio… — mormorò Abby —. Chi può essere?
A Walter tornò alla mente un brutto alterco in ospedale con un inserviente che lo aveva liquidato con un gelido: “Te ne pentirai”.
— Forse è lui — disse —. Dobbiamo andare subito alla polizia.
— No! — esplose Abby —. Il biglietto è chiaro. Se chiamiamo la polizia lo perdiamo. Paghiamo e basta.
Walter esitò. Anche pagando, nessuno garantiva la restituzione del bambino.
— Non posso fidarmi. Andrò alla polizia senza che il rapitore se ne accorga.
Uscirono in fretta. Proprio davanti al commissariato, il telefono di Walter vibrò: “Ultimo avvertimento. Se entri lì, non rivedrai tuo figlio. Porta i soldi.”
Abby scoppiò a piangere; Walter si aggrappò all’unica idea che gli fosse rimasta. Prelevò la somma e la lasciò nella cassetta al deposito della stazione. Poi rimase nascosto a osservare.
Pochi minuti dopo, vide l’inserviente dell’ospedale avvicinarsi. Walter scattò fuori dall’auto, ma un gruppo di turisti gli tagliò la strada. Quando riuscì a farsi largo, l’uomo era già scomparso tra la folla. Lo rintracciò vicino a un altro deposito e lo affrontò:
— Dov’è mio figlio?!
L’uomo impallidì. — Non so niente del bambino! Mi hanno solo pagato per ritirare i soldi!
Negli occhi aveva paura, non menzogna. Walter tornò alla cassetta: vuota. Qualcuno aveva praticato un foro sul retro e si era portato via il denaro.
Annientato, rientrò a casa. Era deserta. Gli armadi spalancati. Abby scomparsa.
Un pensiero terribile lo trafisse: e se fosse stata lei?
Il telefono squillò.
— I soldi, Walter — disse la voce di Abby, fredda.
— Dov’è Logan? — urlò. — Sta bene?
— Ha bisogno di cure costose. Se vuoi rivederlo, dammi i soldi.
Walter sentì il pavimento mancargli sotto i piedi. Con voce controllata, finse di assecondarla e, appena chiusa la chiamata, contattò la polizia.
Più tardi, Abby si presentò in ospedale con Logan in braccio, recitando disperazione. Gli agenti la stavano aspettando. Le manette scattarono in un istante.
Nel tentativo di ferire Walter un’ultima volta, gridò:
— Logan non è nemmeno tuo!
Le parole gli trafissero il petto. Ma poi guardò il piccolo, finalmente addormentato tra le sue braccia. In quel momento capì che niente, nemmeno il sangue, poteva definire l’amore.
Scelse di essere il padre di Logan. Quello vero: presente, saldo, capace di proteggerlo da menzogne e cattiveria.
Quella sera, Walter smise di sentirsi vittima e divenne ciò che suo figlio aveva sempre avuto bisogno che fosse.