Sulla carta, il matrimonio dovrebbe essere un gioco di squadra, fatto di dare e avere. A casa mia, invece, sembrava più una partita truccata: io correvo dappertutto, mio marito Todd alzava la coppa. Il giorno del suo trentacinquesimo compleanno è stato il momento in cui qualcosa, dentro di me, si è proprio spezzato.
Quando ha annunciato che desiderava una “vera” cena di compleanno per una ventina di persone, ho tirato un sospiro e mi sono messa all’opera. Due settimane intere passate così: uscivo dall’ufficio, mi cambiavo al volo e via a cucinare, lavare, sistemare, fare liste, decorazioni, menù. Lui? Sul divano, cuffie in testa, immerso nei videogiochi.
La mattina della festa la casa sembrava pronta per un servizio fotografico: pavimenti lucidi, tovaglia stirata alla perfezione, piatti già impiattati o quasi, dolce finito e in frigo. Ero stanca morta, ma soddisfatta.
Ed ecco il capolavoro:
«Sai che c’è? Vado al bar a vedere la partita. Lascia perdere la cena», mi ha detto con una leggerezza che mi ha gelato il sangue. Come se tutte quelle ore, quei pensieri, quella fatica… fossero aria.
In quel momento ho deciso che sì, avrebbe avuto il compleanno al pub. Ma alle mie condizioni.
Ho preso contenitori, pellicola e carta stagnola e ho impacchettato tutto: antipasti, portate principali, contorni, perfino la torta decorata. Ho caricato la macchina fino all’ultimo vassoio e sono andata dritta al suo sport bar di fiducia.
Lì ho chiesto un paio di tavoli, ho allestito il buffet proprio in mezzo alla sala e, con un sorriso cordiale, ho annunciato ai presenti che il festeggiato aveva preferito la partita alla sua cena di compleanno… quindi il banchetto era ufficialmente condiviso con tutti.
Il volto di Todd, quando si è voltato dalla birra e mi ha vista servire le sue pietanze ai clienti del bar, è stato un capolavoro degno di essere incorniciato. Poco dopo sono arrivati anche i suoi genitori, che si aspettavano una “serata elegante” e hanno trovato il pranzo di famiglia tra maxi-schermi e sgabelli alti. Gli amici ridevano, qualcuno lo prendeva bonariamente in giro.
Sulla torta, in bella vista, campeggiava la scritta in glassa:
«Buon compleanno al marito egocentrico».
Secondo lui l’ho umiliato. Io penso semplicemente che abbia avuto modo di vedere dall’esterno quanto poco rispetto avesse per il mio tempo e il mio lavoro.
Fatto sta che, nelle settimane successive, Todd ha iniziato a passare meno tempo con il joystick e più tempo con l’aspirapolvere e le mani in cucina. Forse, finalmente, ha capito che una moglie non è un servizio di catering h24, ma una compagna con cui dividere pesi, responsabilità… e sì, anche le feste di compleanno.